Una premessa doverosa: questo articolo doveva uscire alcuni giorni fa, immediatamente dopo la pubblicazione, da parte dell’INVALSI, di alcuni importanti documenti, teorici e operativi:
- La Prova INVALSI di Inglese al termine del secondo ciclo di istruzione
- La Prova INVALSI di Italiano al termine del secondo ciclo di istruzione
- La Prova INVALSI di Matematica al termine del secondo ciclo di istruzione
Il primo definisce il quadro generale delle prove per la V secondaria, partendo dai documenti di legge che le hanno introdotte e disciplinate, presentando anche le scelte tecniche effettuate sulla base dei pretest che l’INVALSI ha realizzato in questi anni (pretest che hanno coinvolto decine di migliaia di studenti). L’ultimo documento definisce gli aspetti logistici di un’operazione complessa, che prevede complessivamente la somministrazione di circa 2 milioni di prove. Per la Matematica, il documento specifico è estremamente interessante, e di questo avremmo voluto parlare.
Ma, come diceva Giuseppe Prezzolini, in Italia non c’è nulla di più provvisorio del definitivo e nulla di più definitivo del provvisorio. Nel giro di pochi giorni sono arrivate conferme e smentite, fino all’annuncio, un paio di giorni fa, di un emendamento al decreto Milleproroghe che rimandava al prossimo anno l’obbligatorietà della prova, assieme alla proroga denuncia possesso piante invasive, all’avvio dell’ISEE precompilato, alle graduatorie delle scuole etc. etc.
Per chiarire i fatti: la Prova INVALSI al termine del secondo ciclo è, per legge, obbligatoria, ma il suo risultato NON entra in alcun modo nella valutazione scolastica dell’allievo. Non ha nessuna importanza ai fini della valutazione dell’Esame di Stato. È solo, allo stato più depurato possibile da possibili implicazioni e ricadute, quello che dovrebbe essere ogni valutazione: informazione.
Valutare vuol dire cercare, ottenere, organizzare e restituire informazione (in questo caso, sugli apprendimenti raggiunti). Ognuno poi è libero di dare il valore che crede a un’informazione, crederci oppure no, tenerla in considerazione oppure no.
Che informazione restituisce una Prova INVALSI? In un recente articolo, un opinionista diceva che la Prova INVALSI valuta solo la capacità di rispondere alla Prova INVALSI, ma questo è un truismo, vero per qualunque valutazione. La prova d’esame del prof. Tizio valuta solo la capacità di rispondere alle domande formulate dal prof. Tizio, il test di Medicina valuta solo la capacità di rispondere alle domande del test di Medicina. Quello che conta è, per l’appunto, come viene preparata una prova, in base a quale quadro di riferimento e con quali strumenti viene poi implementata. Da questo punto di vista, il processo di definizione e preparazione dell’INVALSI garantisce scientificità, rigore e continuo studio e approfondimento per il miglioramento, riconosciuti a livello internazionale. Inoltre, ha il vantaggio indiscutibile (e questa è una delle sue ragioni di essere) di fornire un punto di riferimento comune, su cui tutti gli allievi, di tutte le scuole, di tutte le regioni, possono confrontarsi. Allievi, scuole e regioni con differenze, storie e specificità: ma non dimentichiamo che questi allievi, l’anno prossimo, si mescoleranno negli atenei di tutta Italia e oltre, si stanno confrontando con le stesse prove di ammissione, si presenteranno agli stessi datori di lavoro. Qualche benchmark comune è indispensabile, anche solo per interpretare meglio tutte le altre informazioni che uno ha.
I documenti pubblicati dall’INVALSI hanno proprio lo scopo specifico di chiarire cosa vuole valutare la prova di Matematica, in che quadro di riferimento sono stati pensati, formulati, pretestati e validati i quesiti – avendo presente la vasta e variegata platea delle scuole secondarie di secondo grado e dei loro studenti.
Un aspetto che vorrei sottolineare, a questo proposito, è l’attenzione allo zoccolo comune di competenze di Matematica, visto in un’ottica di manutenzione: ci sono competenze di base che non debbono andare perse nel triennio dopo l’obbligo di istruzione. Una parte delle domande riguarda proprio questa manutenzione, mentre un’altra coinvolge la ricontestualizzazione, si tratta cioè di domande che propongono situazioni simili a quelle già incontrate (per oggetti di riferimento, contesti, compiti richiesti ecc.) ma che richiedono l’acquisizione di nuovi strumenti e nuovi contenuti matematici appresi nel corso del secondo biennio.
Ci sono poi (oltre alle domande comuni) domande specifiche per gli studenti dei Licei Scientifici e per quelli degli Istituti tecnici economici e commerciali, domande che si distinguono o per i contenuti o per il livello di approfondimento richiesto.
In quest’ottica, la prova di Matematica può effettivamente fornire informazioni importanti al singolo studente, oltre che alle scuole. Può dare indicazioni sul livello (riferito al complesso degli studenti italiani) di background con il quale uno affronterà la preparazione per i test di ammissione all’Università, che quasi sempre comprendono una parte di Matematica.
In questa prospettiva, che senso ha discutere dell’obbligatorietà o meno della prova? La Scuola (con la maiuscola) ha il DOVERE (con tutte maiuscole) di fornire informazioni sugli apprendimenti raggiunti. Per farlo a livello di sistema, per determinare dei punti di riferimento, è ovvio che occorre rilevare gli apprendimenti di tutti. Si parva licet…, rispondere al censimento, quando viene effettuato, è un obbligo di legge. Sperare che molti studenti disertino la prova, visto che non è obbligatoria, vuol dire impedire a tutti quelli che vogliono approfittare di questa occasione di informazione di avere un dato corretto e affidabile. Vuol dire, in definitiva, danneggiare tutti, anche quelli che la prova la faranno.
Ognuno poi resta comunque libero di utilizzare o no queste informazioni: ma, come dice un Tweet che circola in questi giorni, Lottare contro gli INVALSI per migliorare la scuola è come buttare la bilancia per migliorare la dieta.
P.S.: appuntamento al prossimo articolo per commentare i quesiti rilasciati…